Castello Bonomi è una delle cinque aziende che circa dieci anni fa decise di appoggiare la più grande sfida intrapresa dal territorio: recuperare e valorizzare l’antico vitigno autoctono bresciano Erbamat, citato per la prima volta nel 1564 da Agostino Gallo, agronomo italiano del Cinquecento nel libro, “Le vinti giornate dell’agricoltura et de’ piaceri della villa” in cui definisce Erbamat, al tempo “albamate”.
Artefice di questo progetto fu il Consorzio di Tutela Franciacorta che affidò a Leonardo Valenti, docente dell’Università Statale di Milano e uno dei massimi esperti di vitigni italiani, uno studio per valutare le caratteristiche di questo vitigno con due finalità: compensare gli effetti dei cambiamenti climatici sulla qualità dei vini e valorizzare una viticoltura di territorio dove anche il patrimonio di autoctoni gioca un ruolo importante. L’elevata acidità e la maturazione tardiva rendono quest’uva interessante in relazione al cambiamento climatico in atto che ha comportato, nel corso degli ultimi trent’anni, una variazione nelle tempistiche di maturazione, un anticipo delle fasi fenologiche fino a 10-15 giorni e soprattutto una modificazione sostanziale delle caratteristiche qualitative dell’uva. Inoltre, introdurre un vitigno autoctono permette alla Franciacorta di affiancare alla “viticoltura di vitigno”, in cui sono protagoniste le varietà internazionali di chardonnay, pinot nero e pinot bianco, anche una “viticoltura di territorio”, in cui il primo attore è la varietà locale integrata con la viticoltura del terroir.
Dal 2012 sono stati effettuati monitoraggi delle fasi fenologiche su Erbamat, studiandone le uve per verificarne le curve di maturazione, sono state allestite delle prove di potatura allo scopo di valutare la fertilità del grappolo ed il vigore. Inoltre, sono stati fatti diversi studi sulla vinificazione dell’Erbamat e sulla sua espressione come base spumante all’interno dei Franciacorta.
Ne risultò un profilo interessante: l’Erbamat è un vitigno a maturazione relativamente tardiva, circa un mese dopo rispetto allo Chardonnay, con un buon corredo acidico, in particolare malico, capace di compensare almeno in parte il rischio di riduzione dell’acidità nei vini base. Proprio l’acidità nelle basi spumante è un elemento fondamentale per conferire freschezza e longevità e va quindi preservata il più possibile. Questo vitigno contribuisce alla freschezza delle basi senza però stravolgerne il profilo, così come è conosciuto dal pubblico del Franciacorta, grazie alla sua sostanziale neutralità aromatica.
Grazie al sovrainnesto di alcuni filari di viti nelle cinque aziende sperimentali, già nel 2011 si ebbe una prima produzione di Erbamat. Castello Bonomi fu l’unica a vinificare separatamente queste uve e, per questa scelta, è oggi l’unica azienda a disporre di una verticale di annate dalla 2011. A dimostrazione dell’investimento in questo progetto, Castello Bonomi ha impiantato un nuovo vigneto a Erbamat.
A distanza di alcuni anni dalla sperimentazione, in base alla bontà dei risultati, oggi l’Erbamat è previsto da disciplinare del Franciacorta nella misura massima del 10%.
Cuvée 1564
Castello Bonomi, con il suo team di Ricerca & Sviluppo, formato dal professore Luigi Valenti e dagli enologi Luigi Bersini e Alessandro Perletti, ha valorizzato l’Erbamat producendo Cuvée 1564 disponibile in quattro annate. La Cuvée 1564 ha un uvaggio composto da 40% Erbamat, 30% Pinot nero e 30% Chardonnay, una combinazione che coniuga l’acidità dell’Erbamat, la struttura del Pinot Nero e l’eleganza dello Chardonnay. La percentuale di Erbamat presente varia ogni anno tra il 30% e il 40%, in base all’andamento dell’annata.
Il vino si presenta alla vista giallo paglierino acceso con riflessi verdognoli, al naso spiccano le note di fiori freschi e agrumi, con una nota di frutta tropicale.
In degustazione, il vino presenta una spiccata componente acidica tipica del vitigno Erbamat abbinata a un’ottima persistenza e una marcata sapidità.
Una Cuvée che esalta la qualità di questo vitigno autoctono, citato per la prima volta nel 1564 da Agostino Gallo, che definisce Erbamat, al tempo “albamate”:
“Albamate, atteso che fanno vin più gentile d’ogni altro bianco: ma perché tardano à maturare, non è perfetto sin’al gran caldo, & più quando ha passato un anno. Ma taccio le altre uve bianche, per havervi ragionato delle migliori”.
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