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Corriere della Sera, 1° novembre 2014: “Quel castello dal cru perdu dove il Franciacorta è veneto”

Dal 2008 la famiglia Paladin gestisce le cantine Bonomi

Ventiquattro ettari orientati a mezzogiorno, disposti attorno a un castelletto Liberty, con vigne tenute come un giardino: insieme alle tradizionali rose poste in testa ai filari, qui tra i muri dei terrazzamenti fioriscono numerosi i capperi, a testimoniare il microclima particolare di questo luogo. Stiamo parlando del Castello Bonomi a Coccaglio, sul versante sud del Monte Orfano, estremo limite meridionale stabilito dal disciplinare del Franciacorta. “Basta venire qui per capire come mai ci siamo innamorati di questo posto, quasi una sorta di chateau francese” dice Lucia Paladin, che con i fratelli Carlo e Roberto prosegue l’attività iniziata negli anni ’60 dal padre Valentino ad Annone Veneto, dove tutt’oggi c’è la sede di Paladin Vigne e Vini. Un’azienda importante per quantità e qualità, se si pensa ai 58 dipendenti e a un fatturato complessivo del gruppo che nel 2013 ha superato i 9,2 milioni di euro, con più di 1,5 milioni di bottiglie prodotte su un totale di 144 ettari vitati. Dalla provincia di Venezia l’espansione è cominciata nel 1977 con l’acquisizione di una tenuta in Friuli, Bosco del Merlo, per continuare nel 2004 nel cuore del Chianti Classico con l’acquisto a Radda della cantina Tenute di Castelvecchi e del relais Il Borgo di Vèscine. L’approdo in Franciacorta è del 2008, grazie alla possibilità di rilevare dalla famiglia Bonomi una delle cantine storiche della zona. “Già da alcuni anni assaggiavamo i loro vini”, spiega ancora Lucia Paladin. Qui le condizioni microclimatiche sono tali che portano a vendemmiare all’inizio di agosto, primi nel comprensorio e talvolta anche in Italia, ma pure il terreno è particolarmente vocato per le basi spumante, ricco com’è di calcare”. Da queste premesse nascono vini molto minerali, quasi salati in bocca, con strutture importanti, grazie anche al largo impiego di pinot nero. La storia del rapporto con questo vitigno è ricordata dal nome del brut base, Cru Perdu: “Non è francese, ma il vostro dialetto: qui si era perduto il pinot nero, finché in mezzo a un bosco sopra il castelletto non sono state ritrovate delle piante, da cui abbiamo ricavato barbatelle per le attuali vigne”. La produzione annua di Franciacorta si aggira intorno alle 100 mila bottiglie: per il futuro si punta sull’export, per ora limitato al 3% del fatturato di Castello Bonomi, pari a 700 mila euro lo scorso anno, e che è commercializzato in Svizzera, Germania e USA, con qualche presenza anche nel Far East; visto che per le altre etichette del gruppo l’export sale al 52% è chiaro che nelle intenzioni dovrebbero essere queste ad aprire la strada allo spumante bresciano.

Stefano Senini